COSTITUZIONE FRANCESE
E TRATTATO
COSTITUZIONALE EUROPEO
Alternativa
europea
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La decisione del 19 novembre
del Consiglio costituzionale francese di chiedere la revisione
della Costituzione nazionale francese prima del referendum sulla
ratifica del Trattato che adotta la Costituzione europea non
mancherà di suscitare nuove polemiche sulla portata del
Trattato stesso tra i sostenitori del SI' e quelli del NO in
Francia. In sostanza il Consiglio ha riconosciuto che il Trattato
è un Trattato e che le maggiori revisioni costituzionali
richieste riguardano, da un lato, l'eventuale passaggio ad un
regime di voto a maggioranza per le competenze già trasferite
a livello europeo (riconducibili al mercato unico e alla giustizia)
e, dall'altro, le nuove prerogative attribuite ai parlamenti
nazionali in materia di revisione dei trattati e di vigilanza
sull'applicazione del principio della sussidiarietà.
Al di là degli aspetti particolari della decisione, è
interessante considerare i passaggi delle motivazioni dei nove
saggi che fanno parte del Consiglio, che spiegano perché
in certi casi è stata proposta, e in altri è stata
esclusa, la revisione della Costituzione francese in vista dell'entrata
in vigore del nuovo Trattato europeo. Trattato appunto, e non
Costituzione, come precisa il Consiglio, poiché "la
sua revisione e la possibilità di denunciarlo" hanno
il carattere dei Trattati già sottoscritti dalla Francia
in ambito europeo, in quanto "risulta chiaramente dall'articolo
I-5, relativo alle relazioni tra Unione e Stati membri"
che "esso non ha alcuna incidenza sull'esistenza della Costituzione
francese e sul suo ruolo dominante nell'ordine giuridico interno".
Il nuovo Trattato non ha nessuna incidenza, secondo il Consiglio,
neppure per quanto riguarda l'entrata in vigore del capitolo
riguardante la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, in
quanto è conforme alle disposizioni costituzionali nazionali
già in vigore.
Il discorso è diverso per quanto riguarda l'applicazione
del principio di sussidiarietà nei settori del controllo
delle frontiere e della cooperazione giudiziaria in campo penale,
in quanto il Consiglio ha ritenuto che "le condizioni essenziali
dell'esercizio della sovranità nazionale" potrebbero
essere messe in discussione, e per questo ha chiesto la revisione
costituzionale. Revisione che deve inoltre tenere conto dei nuovi
poteri di blocco delle decisioni europee attribuiti dal nuovo
Trattato ai Parlamenti nazionali. A questo proposito, sottolinea
il Consiglio, "considerando che il Trattato accresce la
partecipazione dei Parlamenti nazionali alle attività
dell'Unione europea, ai quali vengono riconosciute nuove prerogative,
bisogna valutare se tutto ciò rientri nelle disposizioni
attualmente previste dalla Costituzione francese". Il Consiglio
constata in particolare che in caso di adozione del nuovo Trattato
"una procedura di revisione semplificata del Trattato stesso"
implicherebbe un coinvolgimento dei Parlamenti nazionali i quali,
qualora contrari, potrebbero bloccare ogni decisione europea.
Un analogo potere di blocco è stato istituito anche in
materia di sussidiarietà, addirittura attribuendo prerogative
di blocco disgiunte alle camere dei Parlamenti nazionali. "Qualora
un Parlamento giudichi un progetto di legge europeo non conforme
ai principi della sussidiarietà", si legge nel nuovo
Trattato, "questo dovrà essere riesaminato nel caso
in cui lo chieda un terzo dei Parlamenti nazionali (che possono
esprimere due voti, uno per la Camera e l'altro per il Senato,
ndr), o un quarto quando si tratta della cooperazione giudiziaria
in campo penale o della cooperazione nella sicurezza interna".
Da tutto ciò dovrebbe emergere con chiarezza che i difensori
delle sovranità nazionali non hanno nulla da temere dall'eventuale
entrata in vigore del nuovo Trattato: esso lascia intatte le
prerogative delle Costituzioni nazionali e addirittura aumenta
l'influenza dei Parlamenti nazionali nei processi decisionali
europei. Mentre a chi, invece, vede nella decisione del Consiglio
costituzionale francese una conferma dell'importanza del nuovo
Trattato per il fatto che la sua adozione richiede, in un paese
dalle tradizioni storiche quali la Francia, addirittura una nuova
revisione della Costituzione nazionale, questa decisione dovrebbe
ricordare che la costruzione istituzionale europea sui generis
che sta nascendo, non ha niente a che fare con una struttura
sovranazionale, e quindi federale, e che, proprio per questo,
in un quadro a venticinque (ormai a ventotto) Stati, essa è
condannata all'impotenza e alla progressiva disgregazione.
La decisione del Consiglio costituzionale francese è dunque
un'ulteriore riprova, qualora ce ne fosse stato bisogno, del
fatto che il futuro dell'Europa non dipende dall'approvazione
o dal rigetto di questo pasticciato nuovo Trattato, ma dall'emergere
o meno della consapevolezza, entro breve tempo, che non ci sarà
alcun rilancio politico europeo senza un'iniziativa di un gruppo
di paesi, e in particolare della Francia. Non a caso è
proprio in Francia che, sia nello schieramento del OUI (Mauroy,
Balladur) che in quello del NO (Fabius, Emmanuelli) al Trattato
costituzionale europeo, si stanno levando le voci che richiamano
la necessità di ripartire da un'Europa a cerchi concentrici
e dall'iniziativa di un'avanguardia.
Una ragione in più per continuare la battaglia per la
creazione di un primo nucleo di Stato federale europeo.
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