La proposta di aumentare il numero di membri
permanenti nel Consiglio di sicurezza dell'ONU, includendo per
esempio la Germania ed il Giappone, ha suscitato in Italia le
sdegnate reazioni sia di coloro i quali considerano questa eventualità
come una grave lesione degli interessi nazionali e dello status
internazionale del nostro paese, sia di coloro i quali sostengono
la necessità di attribuire un seggio all'Unione europea.
Si tratta di reazioni che ignorano la dura realtà dei
fatti: né l'ingresso di nuovi membri permanenti nel Consiglio
di Sicurezza, né le velleità italiane, né
quelle degli europeisti che gridano allo scandalo per l'eventuale
ingresso della Germania (ma che si guardano bene dal porre il
problema di creare uno Stato federale europeo), hanno qualche
possibilità di contribuire a ridare credibilità,
legittimità e capacità d'agire all'ONU. Il futuro
delle Nazioni Unite resta infatti legato a quando e come
: a) si supererà lo stadio di supremazia monopolare statunitense
e b) si affermerà un nuovo ordine multipolare mondiale
basato su più Stati di dimensione continentale, di peso
e potere paragonabili, che si assumano la responsabilità
di cooperare per rifondare e governare gli organismi internazionali.
In questa ottica il primo compito degli europei dovrebbe essere
quello di creare un polo uno Stato europeo in grado
di ribilanciare il potere statunitense, e non quello di rivendicare
seggi nazionali o pseudo-europei che non segnerebbero alcun
sostanziale mutamento nei rapporti di forza a livello mondiale
(nella situazione attuale l'Unione europea sarebbe rappresentata
a turno dagli esponenti dei paesi membri oppure da un rappresentante
comune che dovrebbe però rispondere ai venticinque Stati
membri, i quali hanno dimostrato di essere profondamente divisi
in materia di politica estera). Ignorare questa realtà
significherebbe non prendere coscienza del corso della storia
dopo la fine della guerra fredda.
I governi nazionali e le istituzioni comunitarie
europei si illudono di poter tener testa ad americani, russi
e cinesi sulle questioni essenziali che riguardano il futuro
del mondo. Ma così non è, basti pensare al ruolo
marginale che i paesi europei stanno giocando nelle questioni
Medio orientali, nell'influenzare gli USA nella guerra al terrorismo,
nel determinare l'andamento del prezzo del petrolio, nell'intervenire
sui mercati finanziari, nella gestione delle politiche di sviluppo,
nello spostameno ad Est del baricentro degli equilibri mondiali
ecc. Una riflessione sulle ragioni di questa debolezza dovrebbe
essere il punto di partenza per qualsiasi progetto di rilancio
europeo. Continuare a cullarsi nell'illusione che il corso della
storia proceda al ritmo dei compromessi intergovernativi europei
è fuori dalla realtà. Una realtà che negli
ultimi quindici anni ha profondamente modificato il quadro di
riferimento dello stesso processo di integrazione europea.
Fallita agli inizi degli anni novanta, per il crollo di uno dei
protagonisti di quella svolta, la prospettiva di instaurare un
nuovo ordine mondiale e di realizzare una riforma dell'ONU basata
sulla cooperazione USA-URSS promossa dagli accordi Reagan-Gorbaciov,
la scena mondiale è stata dominata nel successivo decennio
da un lato dalle scelte compiute dall'unica superpotenza rimasta
in campo, gli USA, dall'altro dalle dinamiche commerciali e geopolitiche
innescate dall'ascesa della Cina. Gli europei nel frattempo non
hanno saputo fare altro che occuparsi, per usare le parole dell'ex
Segretario di Stato americano Kissinger, di "arrangiamenti
costituzionali esoterici" che altro non sono che il riflesso
nelle classi politiche e nelle opinioni pubbliche dei paesi dell'Unione
europea allargata di un atteggiamento di "non-Stato nei
confronti delle relazioni internazionali" (*). Atteggiamento
che inevitabilmente non mancherà di manifestarsi anche
nel corso degli altrettanto esoterici processi di ratifica prima
ed entrata in vigore poi dell'inutile e ormai, proprio alla luce
del dissidio italo-tedesco su chi abbia maggiori meriti per accedere
al Consiglio di sicurezza, anacronistico trattato costituzionale
predisposto dalla Convenzione europea presieduta da Giscard d'Estaing
e successivamente adottato dai governi.
Opporsi a questa deriva è difficile,
ma indispensabile per chi vuole mantenere sul campo l'unica alternativa
al declino europeo: la creazione in tempi brevi dello Stato federale
europeo.
www.alternativaeuropea.org
(*) La Stampa, 4 Luglio 2004
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