UN'INTERPRETAZIONE AUTENTICA
DELLA "COSTITUZIONE EUROPEA"
Alternativaeuropea
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In una lunga intervista
rilasciata a Le Figaro (27-9-2003) in occasione della
presentazione del suo libro sulla "Costituzione europea",
Giscard d'Estaing spiega all'intervistatore il significato del
lavoro svolto dalla Convenzione. Vediamone brevemente alcuni
passaggi.
L'equilibrio istituzionale Secondo Giscard
d'Estaing la situazione è tale per cui occorre far convivere
due sistemi che ormai sono radicati nella società europea:
un sistema europeo, che tende all'unificazione, ed uno nazionale,
in cui continua a manifestarsi la vita politica e che non vuole
rinunciare ad essere la fonte della sovranità. La Convenzione
ha dunque semplicemente preso atto che "gli Stati continuano
ad esistere e che la sede europea di decisione in ultima istanza
è il Consiglio, in cui essi sono rappresentati. La Commissione
europea è lo strumento che identifica, propone e, in una
certa misura, promuove il bene comune europeo, ma la decisione
resta alla fine nelle mani del Consiglio. Quanto al Parlamento,
esso legifera. Questo sistema può essere perfezionato,
ma deve restare organizzato su questa base. Nessuno d'altra parte
propone alcuna alternativa credibile! "
Giscard, come ha fatto più volte nel recente passato,
ma non in occasione del dibattito all'Assemblea nazionale francese
sulla ratifica del Trattato di Nizza quando aveva chiaramente
detto che il problema era quello di fare una federazione nella
confederazione, sposa la tesi di chi non vede alternative all'attuale
quadro di potere in Europa (come se fosse credibile quello che
viene attualmente ciecamente difeso!). Infatti si schiera con
chi a parole, anche in Francia, predica quotidianamente la necessità
dell'Europa, ma nei fatti pretende di vincere le sfide mondiali
mantenendo la sovranità del proprio staterello. La verità
è che il fatto che non ci siano più alternative
credibili in un quadro a Venticinque non esclude la possibilità
di tentare in un quadro più ristretto. Ma a Giscard, come
agli altri leaders europei (e, purtroppo, addirittura a buona
parte dei federalisti europei), in questo momento manca la volontà
di percorrere una strada alternativa.
La politica estera Nell'ammettere che quando
si arriva ad un grande numero di Stati membri, è praticamente
impossibile far funzionare l'Unione, perché "la discussione
è sostituita da una successione di monologhi!", Giscard
non si fa illusioni sulla possibilità di gestire in questo
quadro la politica estera in modo diverso da come accade attualmente.
A questo proposito fa notare la contraddizione con cui si scontra
la proposta di attribuire la politica estera alla Commissione:
"E' totalmente contraddittorio proporre come fa la Commissione
di trasferire all'Europa gli strumenti della politica estera.
Vuole davvero la Commissione scolpire nel marmo l'equazione:
un paese uguale ad un Commissario? In questo caso come si potrebbe
legittimare una politica estera europea gestita da un organismo
in cui le decisioni sarebbero prese da sei rappresentanti degli
Stati iugoslavi contro uno britannico o da tre baltici contro
uno svedese?" E più avanti aggiunge : " La nostra
Europa assomiglia a quella degli anni 1780-1795, quando un governo
sosteneva presso un altro governo una posizione che era contraria
a quella proposta ad un terzo governo, e quando le alleanze cambiavano
continuamente. Bisogna considerare le cose nel modo più
semplice : chi può migliorarle ? La politica estera dell'Unione
dipende dal presidente del Consiglio europeo perché è
in questa sede che si confrontano i Capi di Stato e di Governo,
e del Ministro degli Affari esteri, perché spetterà
a lui presiedere il consiglio dei ministri degli esteri. Nella
Costituzione abbiamo messo in moto una dinamica che renderà
stabile la loro funzione. Abbiamo cioè cercato di innescare
un processo evolutivo. Stiamo attenti a non infrangere questo
meccanismo."
Giscard, quindi, da un lato mette in evidenza le contraddittorie
posizioni della Commissione europea, ma cade a sua volta nel
ridicolo quando afferma di credere nella dinamica evolutiva di
un Consiglio europeo che, per sua stessa ammissione, a Venticinque
diventerà un parlatoio.
Il voto a maggioranza Su questo punto Giscard
è perentorio: "Questo problema alimenta numerose
domande, ma anche numerose inquietudini. Per esempio sappiamo
bene che se tutti i voti in materia di politica agricola fossero
a maggioranza qualificata, la politica agricola sarebbe smantellata.
Lo Stato e la società francesi sono disposti ad accettarlo?
Prendete in considerazione anche la questione dell'eccezione
culturale: se si introduce il voto a maggioranza anche in questo
campo, nel giro di una giornata non ci sarebbe più salvaguardia
dell'eccezione culturale! Bisogna essere coerenti con se stessi:
non si può fare del lirismo sul tema dell'abbandono della
regola dell'unanimità senza essere coscienti delle conseguenze
che ciò avrebbe per gli uni e per gli altri, perché
ognuno ha le proprie riserve in questo campo."
Giscard, quindi, mette a nudo l'ipocrisia di chi usa lo slogan
del voto a maggioranza senza preoccuparsi del fatto che sarebbe
impossibile usarlo nel quadro attuale senza conseguenze catastrofiche,
ma a sua volta non crede nella possibilità dell'alternativa
di creare un vero sistema federale, come dimostra il punto successivo.
Il federalismo Dopo tutte queste dichiarazioni,
che testimoniano della sfiducia di Giscard nell'efficacia dell'attuale
sistema, per spiegare all'intervistatore perché è
stata tolta la parola "federale" dal testo approvato
per consenso dalla Convenzione, l'intervistato spiega che "lo
abbiamo tolto per ragioni pratiche, perché nelle diverse
lingue dell'Unione esso non ha la stessa connotazione: positiva
in questo paese e magari negativa in quell'altro! Esso è
stato sostituito dal termine "comunitario", che è
esattamente la stessa cosa.. E poi, se il sistema non è
federale, le funzioni sono certamente esercitate in modo federale.
Quando si ha una Banca centrale indipendente, essa è federale.
Quando il Commissario europeo al Commercio va a Cancun a discutere
con i rappresentanti dell'OMC, agisce in modo federale. E poi
abbiamo tutte le funzioni federali emergenti incarnate dall'euro
! Può anche darsi che un giorno questo federalismo si
incarni anche nel dominio della politica di difesa, sotto forma
di cooperazione rafforzata. In realtà le differenaze tra
queste funzioni federali e il sistema federale degli Stati Uniti
non sono considerevoli, salvo che, a differenza del caso americano
il ruolo e l'identità degli Stati sono e resteranno molto
più importanti nell'Unione europea, e che il potere sarà
meno centralizzato."
Dunque viviamo già in un sistema federale di fatto, che
è solo meno accentrato di quello degli USA, e che può
evolvere grazie a qualche cooperazione rafforzata in più.
Staremmo dunque già vivendo in una realtà istituzionale
con tutte le potenzialità per competere con USA, Cina
e Russia in campo internazionale. Peccato che i fatti smentiscano
quotidianamente questa pretesa. E la ragione è semplice:
l'Unione europea non è uno Stato, mentre gli USA, la Cina
e la Russia lo sono. E non è certo facendo finta che non
è più necessario parlare della necessità
di fare gli Stati Uniti d'Europa che si doterà l'Unione
europea della forza e della capacità di agire sul piano
interno ed internazionale.
Il ruolo della Conferenza intergovernativa
Che fare dunque del risultato dei lavori della Convenzione? A
questo proposito Giscard constata che "a questo punto, non
credo sia utile ridiscutere degli emendamenti che sono già
stati presentati alla Convenzione. Che cosa autorizza a pensare
che ciò che non è stato adottato per consenso possa
essere accettato, domani, all'unanimità ?"
Quindi avanti con questa Costituzione senza Stato nell'illusione
che ci sia ancora abbastanza tempo per gli europei per non decidere,
e nella speranza di poter vivere altri cinquant'anni di pace
e benessere. Eppure Giscard dovrebbe conoscere il rapporto presentato
nel 2002 dall'Institut français des relations internationales
in cui si propone come primo scenario per lo sviluppo europeo
nel prossimo mezzo secolo una "Chronique d'un déclin
annoncé". |
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