NON C'E' UNIFICAZIONE MILITARE
SENZA STATO FEDERALE
Franco
Spoltore
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"Chi crede che un'Europa
potenza si farà a Venticinque?" si è chiesto
Le Figaro (29/04/03) invitando i governi europei ad infrangere
il tabu della necessità di fare passi avanti in Europa
anche con la Gran Bretagna. Sullo stesso tenore il commento di
Le Monde (28/04/03): "Nella sostanza, nessuno contesta
l'urgenza di dare un colpo d'acceleratore alla difesa europea,
anzi le spiegazioni dei Quattro secondo cui l'Europa ha sempre
fatto progressi a partire dalla volontà di qualche paese
di andare avanti, rischiano di essere presto condivise da altri.
Si tratta del meccanismo noto come "cooperazioni rafforzate",
che è un'applicazione del principio dell'"avanguardia"
o del "nucleo duro", che sono altri modi di indicare
la necessità per alcuni paesi di dare l'esempio, a maggior
ragione in un'Europa a venticinque". Il vertice sulla difesa
di Belgio, Francia, Germania e Lussemburgo avrebbe dovuto rispondere
a questa esigenza, ma gli impegni assunti, almeno stando alle
dichiarazioni ufficiali, non sono molto diversi da quelli discussi
dalla Convenzione europea. Il motivo è semplice: non è
possibile alcuna unificazione militare senza fondare uno Stato
federale europeo. I Quattro, a differenza della Convenzione,
non dovendo fare i conti con coloro i quali non vogliono per
il momento neppure sentir parlare di iniziative che possono in
qualche modo irritare gli americani, hanno perlomeno potuto affrontare
in termini più concreti alcune questioni di fondo: ci
vuole uno stato maggiore europeo? Come si finanzia l'industria
militare comune? Come si gestiscono gli acquisti di armamenti
prodotti in Europa? Questioni non nuove nel dibattito europeo,
ma di cui è ormai impossibile trattare a Quindici, se
è vero, come ha ammesso il premier belga Verhofstadt,
che i germi di questa iniziativa risalgono addirittura all'anno
scorso. Arrivati al dunque, non avendo ancora una volta affrontato
il nodo di fondo, quello dello Stato, le risposte sono state
inadeguate. Infatti non è casuale che il vertice a Quattro
di Bruxelles del 29 Aprile si sia pronunciato per la creazione
di un ''nucleo di capacita' collettiva'' militare europea, ma
non ancora di uno stato maggiore europeo, come aveva chiesto
il Belgio, in grado di condurre operazioni autonome dalla Nato,
entro il 2004. Come non può essere casuale il fatto che
il vertice non abbia specificato come i Quattro intendono reperire
i mezzi finanziari necessari per sostenere una difesa autonoma
europea (la Germania ha per esempio congelato il bilancio per
la difesa fino al 2006) e la ricerca in campo militare. In questo
modo è evidente che non solo non si attuerà alcuna
cooperazione rafforzata in campo militare, almeno nell'ambito
di un gruppo ristretto di paesi, ma si resterà nel quadro
di limitate azioni non di politiche comuni per quanto
riguarda la sicurezza e la difesa. Per questo Tony Blair ha,
a ragion veduta, pronosticato che "le proposte avanzate
a Brussels non hanno neanche l'ombra di una possibilità
di essere messe in pratica". In fondo il trattato di Maastricht,
stabilisce già che gli Stati membri debbano appoggiare
"attivamente e senza riserve" la politica estera e
di sicurezza dell'Unione "in uno spirito di lealtà
e solidarietà reciproca". Ma nella misura in cui
l'Unione è nei fatti una disunione, è evidente
che ogni Stato si riduce ad appoggiare o assecondare solo la
posizione del più forte, cioè della potenza egemone
americana. Questa dipendenza si può manifestare apertamente
come nel caso della Gran Bretagna, con Tony Blair che non esita
a dichiarare che il mondo ha bisogno di un'ordine unipolare fondato
sulla partnership fra diseguali - di America ed Europa.
Oppure è il risultato di atteggiamenti contraddittori,
come quelli di Schroeder e Chirac che dichiarano che nella "Nato
non c'è troppa America ma troppo poca Europa", ma
si oppongono all'idea di creare subito uno stato maggiore dell'esercito
europeo (Schroeder), oppure sostengono che il mondo sarà
necessariamente multipolare, ma pensando più al ruolo
globale che è destinata a giocare la Cina nei prossimi
decenni piuttosto che l'Europa (Chirac).
Purtroppo, come ricordava Spinelli all'indomani del fallimento
della CED, "C'è una cosa che bisogna dimostrare ottimamente
con la maggiore ostinazione, ed è l'evidenza. Perché
i più mancano d'occhi per vederla" (1955, Il segreto
di Giovanna d'Arco)
Ora l'evidenza dei fatti è che occorre fondare uno Stato
federale e che questo non si può più creare mantenendo
il quadro istituzionale europeo attuale.
Le anticipazioni sulle conclusioni dei lavori della Convenzione
e la dichiarazione finale del Vertice dei Quattro sono un ulteriore
conferma della fine di una fase storica del processo di unificazione
europea di cui devono tener conto i governi ed i federalisti:
per i primi è la fine dell'illusione di poter riformare
l'Unione dei Quindici/Venticinque, per i secondi è il
segnale dell'impossibilità di far evolvere l'Unione in
una federazione dentro i trattati. A questo punto o gli
europei compiono "un atto creatore specifico", come
aveva intuito Monnet (1976), oppure ogni progresso si arresterà.
Di fronte all'incalzare degli avvenimenti e alle sfide poste
dai nuovi equilibri mondiali che si vanno delineando, non solo
gli Stati europei, ma la stessa Unione europea e le sue istituzioni
sono ormai destinate a diventare polvere senza sostanza. Occorre
che i governi e le classi politiche dei paesi che hanno avviato
il processo di unificazione europea vengano messi di fronte alle
loro responsabilità. L'Europa non si salverà introducendo
un po' più di cooperazioni rafforzate, o di voti a maggioranza,
o di figure istituzionali europee di nome ma non di fatto (Ministro
degli esteri europeo, Presidente con mandato allungato), ma solo
se nascerà un nucleo di Stato federale.
E' evidente, ma è bene ripeterlo, che ciò è
pensabile solo in un quadro più ristretto, e quindi più
realistico (anche se non facile), al di fuori dei trattati.
E' il quadro che ormai da più parti si intuisce e invoca,
senza che però si sia ancora trovato il coraggio di porre
il problema al di fuori delle attuali istituzioni dell'Unione
e di affermare il diritto all'indipendenza dagli USA.
Spetta ai federalisti ribadire questa evidenza e avere il coraggio
di compiere il primo passo per individuare il percorso che può
portarci alla federazione europea in un contesto europeo e planetario
profondamente mutato rispetto al quadro di potere consolidatosi
dopo la fine della seconda guerra mondiale. |
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