Il "destino domato" di
Francia, Germania
..... ed Europa
Alternativa
europea
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Di fronte alla prospettiva
della loro definitiva marginalizzazione a livello internazionale,
resa sempre più concreta dagli squilibri di potere economici
e militari che si vanno delineando a livello mondiale fra Stati
di dimensioni continentali (USA, Russia, Cina), e Stati più
piccoli, la Francia e la Germania hanno deciso di rilanciare
il progetto europeo. "La nostra ambizione è quella
di rifondare l'Europa", ha annunciato Chirac (Le Figaro,
20-01-03). Per questo il 22 gennaio è stato solennemente
presentato a Versailles il nuovo Trattato di cooperazione bilaterale
franco-tedesco, alla presenza dei due parlamenti riuniti in sessione
straordinaria. Un atto che, oltre ad avere un forte significato
simbolico a Versailles erano state umiliata la Francia
della guerra franco-prussiana e la Germania della prima Guerra
mondiale segnala una svolta nei rapporti europei. Qualcosa
di analogo era già accaduto nell'Europa dei Sei nel 1963,
quando il Generale De Gaulle ed il Cancelliere Adenauer sottoscrissero
il Trattato dell'Eliseo all'indomani dell'annuncio del veto francese
all'ingresso della Gran Bretagna nella Comunità europea.
Dopo quarant'anni, nonostante l'elezione diretta del Parlamento
europeo e la creazione della moneta unica, la Francia e la Germania
non hanno ancora risolto il problema della reciproca integrazione,
e per questo hanno deciso, secondo l'espressione coniata da Chirac,
di intraprendere la strada verso un destin maîtrisé,
con l'obiettivo di creare una véritable union fra
i due paesi. Le formule proposte per percorrere questo cammino
vanno da un maggior coordinamento dei lavori dei rispettivi parlamenti
e governi, ad un approfondimento della collaborazione nel campo
della politica estera e di sicurezza, all'istituzione di un servizio
civile internazionale franco-tedesco ecc. Come si vede, sul piano
psicologico Francia e Germania sono proiettate verso una fusione
delle società, delle culture, delle economie e delle politiche.
Tutto ciò è apparentemente in contrasto con i ripetuti
omaggi e richiami alla necessità di dotare l'Europa intera,
e non solo una sua parte, di istituzioni adeguate per metterla
in grado di affrontare con successo le sfide di fronte alle quali
si trova. Ma forse la Francia e la Germania incominciano seriamente
a dubitare che l'Europa dei quindici o dei venticinque-ventisette
possa davvero diventare, in tempi ragionevoli, più coesa
e solidale di quanto non lo sia ora. Non è casuale il
fatto che Karl Lamers, autore insieme a Schäuble del documento
sul nucleo monetario negli anni novanta, sia giunto, secondo
Le Monde (20-01-03) a proporre da subito una rappresentanza
unica di Francia e Germania (non dell'Unione europea) in seno
al Consiglio di sicurezza dell'ONU (proposta per il momento accantonata
da Chirac). Ma è pensabile una fusione dello Stato francese
con quello tedesco al di fuori di una struttura federale? In
verità, se intendono seriamente perseguire il cammino
intrapreso, Chirac e Schröder dovranno prima o poi fare
i conti con lo stesso problema che hanno deciso, con la proposta
di riforma comune rivolta alla Convenzione europea, di accantonare
a livello di Unione europea: quello di fare uno Stato federale.
E a quel punto la loro risposta deciderà definitivamente
del destino non solo dei due paesi ma dell'Europa stessa.
L'impotenza è il destino che Francia e Germania prevedono
per l'Europa dei quindici e dei venticinque. Questo è
quanto traspare dalla proposta di compromesso confederale presentato
alla Convenzione europea. Preannunciando le grandi linee del
compromesso sull'elezione ed il ruolo delle presidenze della
Commissione e del Consiglio e su altri dettagli che non intaccano
la sovranità degli Stati membri, Chirac e Schröder
hanno implicitamente confermato di non credere nel potere taumaturgico
della Convenzione, alla quale, per usare un'espressione spregiativa,
ma significativa, dell'Economist (18/01/03), hanno dato
in pasto l'ennesima frottola (fudge). Come ha commentato
Le Monde (22-01-03), la dichiarazione solenne franco tedesca
"riflette l'attuale difficoltà degli europei di accettare
un salto qualitativo nella loro integrazione". Si tratta
di uno sviluppo dei fatti prevedibile per i federalisti, visto
che, come aveva intuito Spinelli, un vero dibattito costituente
potrà svilupparsi solo quando "gli Stati disposti
ad accedere al principio della limitazione parziale della sovranità,
ed essi soli, accettino di convocare un'apposita Assemblea
europea per la redazione del patto di unione federale" (Novembre
1950, ripubblicato nei Quaderni del Dibattito Federalista
del MFE, n. 1, 2002). Il fatto è che nonostante i solenni
richiami all'unità europea e oltre cinquant'anni di processo
di integrazione economica e politica, non siamo ancora giunti
a quel punto. Oggi la volontà e l'iniziativa franco-tedesca,
pur cogliendo le difficoltà a cui va incontro l'Europa,
si limitano ancora a proporre una cooperazione rafforzata a due
in un'Unione che, nelle parole di Chirac, "allargata a 25
nel 2004 e successivamente a 27 nel 2007, sarà più
ricca di diversità, ma anche necessariamente più
pesante e meno omogenea. Essa difficilmente potrà affermare
la propria coesione e difendere esternamente i propri interessi
comuni". Proprio per questo, prosegue Chirac, "la Germania
e la Francia hanno la responsabilità, in quanto nazioni
fondatrici del progetto europeo, situate per la loro posizione
geografica e per il loro peso specifico, al centro della nuova
Europa, di definire insieme i compromessi attraverso i quali
l'Europa può rafforzare le sua coesione e la sua capacità
d'azione, e determinarne l'avvenire ". Certo, ha ammesso
Chirac, "la forza congiunta della Germania e della Francia
non possono sempre essere sufficienti per superare le difficoltà
che l'Europa troverà sulla sua strada" ma, così
ha proseguito, "l'esperienza prova che nessun progetto europeo
ha delle possibilità di successo quando la Francia e la
Germania non lo appoggiano insieme con determinazione."
(Rheinischer Merkur, 15-01-03). In quale quadro muoversi
allora per superare questa contraddizione? Evidentemente in un
quadro ristretto ma più realistico, integrando l'esperienza
e la coesione franco-tedesca con l' idée de groupe
pionnier, ricorda Chirac nella già citata intervista
a Le Figaro, la sola che "permette a un certo numero
di paesi, e questo è ancora più vero a venticinque
che a quindici, di procedere più spediti e andare più
lontano, in politica estera o in altri campi. Guardate l'euro,
che non è la moneta di tutti i Quindici, o Schengen, che
non coinvolge tutti i paesi. Il gruppo dei paesi pionieri comprenderà
tutti quelli che sono pronti a fare di più. Tutti quelli
che decidono di andare in questa direzione devono potersi integrare
se possono e vogliono." Certo il coeur du groupe pionnier,
come ha ribadito Chirac nel discorso pronunciato il 22 gennaio
a Versailles, continuerà ad essere costituito dalla Francia
e dalla Germania. Ma a questo punto, per coerenza, Chirac e Schröder
dovrebbero far subito loro il progetto di Federazione tra Francia
e Germania aperto agli altri paesi, proposto dai rispettivi Commissari
europei Lamy e Verheugen (Süddeutsche Zeitung, 21-01-03).
Il problema è che l'alleanza franco-tedesca non potrà
sciogliere questo nodo fino a quando non si porrà nell'ottica
di coinvolgere davvero gli altri paesi fondatori in un progetto
federale.
Nel complesso questi orientamenti prefigurano lo sviluppo della
lotta europea nei prossimi anni in un nuovo quadro, sia per i
governi e le forze politiche dei paesi europei, che per i federalisti.
In che modo i primi potranno influenzare la politica di coesione
franco-tedesca verso uno sbocco federale? Come potranno i secondi
influenzare l'andamento e l'esito di questa lotta? Il tentativo
dell'Italia di ritagliarsi uno spazio in questi nuovi equilibri
rilanciando il ruolo storico dei Sei, come hanno fatto il Presidente
Ciampi, il Vice-Presidente della Convenzione europea Amato, il
Vice-Presidente del Consiglio italiano Fini ed il Ministro degli
Esteri Frattini, seppure ancora solo sul piano intergovernativo
delle cooperazioni rafforzate, conferma l'urgenza di intensificare
l'azione federalista sul terreno della richiesta dello Stato
federale ai paesi fondatori. Quanto più quest'azione si
articolerà e svilupperà in Italia e nei Sei paesi
fondatori, tanto meglio sarà per il successo della lotta
per la federazione europea e per la credibilità del ruolo
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